sabato 13 ottobre 2012

Infinito e calzini

L'altro giorno con Lucia tornando da scuola. "Abbiamo iniziato Leopardi"
"Evviva! Che canto di Leopardi?" (dato il mio scarso entusiasmo della settimana scorsa per Foscolo, ho cercato di rimediare...).
"Una poesia che parla di una siepe...letta da Gassman"
Tento un'imitazione: "Sempre caro mi fu quell'ermo colle, e questa siepe..." Lucia sorride.
Le racconto di quella volta che capitò di incontrarlo a via del Corso, che la moglie doveva fare le compere ed era un po' stufo e annoiato: "Mo' pure i calzini..." ritento l'imitazione, sulla stessa intonazione dell'Infinito.
"Te lo ricordi Gassman?"
"Euh, l'ho visto tante volte a teatro"
Lucia riflette, forse mi fa più vecchio di quel che sono.
Se le dicessi che ho visto anche Eduardo un paio di volte, come reagirebbe? Tempus fugit...

venerdì 28 settembre 2012

Gallette e fagioli

Quando vedo il Topolino recente dei cartoni animati, magari perché lo sta guardando Francesco, dà l'idea di uno che abbia soluzione per tutti i problemi in modo tranquillo e razionale, tutto il contrario di Paperino e della maggior parte di noi (oltre che della maggior parte degli animali Disney che lo circondano).
Però...anche Topolino, quando ci fu la crisi, voglio dire quella vera, quella del '29, è stato povero ed anche disoccupato, sicché, su suggerimento di Orazio (personaggio poi soppiantato da Pippo, anche se marginalmente ancora esistente nella galassia Disney), aveva trovato un posto come muratore per costruire l'inevitabile grattacielo.
Non ricordo molto della storia in sé (dovrò andarla a cercare prima o poi), ma ricordo che avevo l'età di Francesco e l'ho letta in italiano. Il dettaglio della lingua è importante, perché Orazio precisò che gli offrivano anche i pasti, insomma il "lunch". E in cosa consistevano? In "gallette e fagioli". Al che Topolino aveva reagito con entusiasmo, anzi lo si vedeva qualche vignetta dopo mangiare tutto contento.
Qui io avevo difficoltà a capire: avevo strane visioni di Oro Saiwa immersi nella pentola dei fagioli con tanto di brodo. E, per quanto, facendo il parallelo con le auto, gli Oro Saiwa americani dovessero essere assai più grandi, non capivo né cosa ci fosse da esultare (ma magari era questione di gusti...) ma specialmente come si potesse praticamente mangiare una roba così. Era proprio un eroe, Topolino.
Questa cosa delle "gallette e fagioli" ha dormito da qualche parte del mio cervello per decenni, finché non ho capito che, banalmente, "gallette e fagioli" è la traduzione, rispettosa delle dimensioni del filatterio, di "beans on toast" (cosa che giustificava perfettamente l'entusiasmo di Topolino: con Lucia andiamo apposta a prendere i baked beans negli unici supermercati che li hanno ad un prezzo normale qui in Italia). 
E ho capito anche il dramma del traduttore: il nostro toast non è il toast inglese, pane tostato è troppo lungo, bruschetta dà un'idea molto più poetica ed imprecisa. Ma dire galletta mi aveva mandato proprio fuori strada. Avevo sei o sette anni.

mercoledì 26 settembre 2012

Disegni e parole

Ieri Francesco doveva disegnare un battello, cioè, come gli ho precisato, una piccola nave, e ne ha fatta una grossa, bianca e iper-fumante e ci ha scritto sopra Toremar. Tanto per ricordarci che si starebbe tanto meglio in vacanza...
Tra le altre parole che doveva scrivere e poi disegnare, le più difficili erano un koala, di cui non aveva idea (e nemmeno io: ne girano pochi da queste parti), che abbiamo concluso doveva essere una specie di Winnie the Pooh e...la farina, che ci ha messo in serio imbarazzo. Oltre che essere bianca, la farina non ha nemmeno forma. Francesco ha concluso di fare la "fontana" di farina, quella che si fa quando mamma prepara il ciambellone. Non era tanto diversa da una montagna, ma l'ha frastagliata qua e là così da essere credibile. E poi, mi ha detto, "in montagna c'è la neve". 

martedì 25 settembre 2012

Per una ripresa del blog

E' un po' di tempo che questo blog dorme. Ed un po' me ne dispiace, nel senso che non dovremmo permettere ai nostri problemi di debordare nella nostra immagine sociale, dovremmo sorridere, anche se non ci va. Pensando, più seriosamente del solito, ai bambini, una delle cose che mi preoccupa come genitore è che abbiano una buona esperienza scolastica. La mia esperienza non è stata buona: al liceo passavo i giorni a fantasticare su come scappare via da una scuola che mi annoiava e da una città che mi deprimeva e mi frustrava. Non sono arrivato ad una conclusione: ero troppo debole allora, ed anche solo. Forse la chiave di tutto è in questa forza, che auguro ai miei bambini, e che io non avevo. Anche la forza di farci capire che sbagliamo, quando sbagliamo (spesso, per quanto mi riguarda).

lunedì 23 aprile 2012

Creatività e anafore...

Lucia è una scrittrice creativa, e spesso ha delle idee che mi folgorano. Con spunti del genere, certi scrittori ci andrebbero avanti quattrocento pagine (e oltre). E' creativa anche sull'italiano, cioè alle volte ci arriva per approssimazione, ma questo è molto indicativo, secondo me, perché rischia. E io penso che rischiando (e sbagliando, anche se non sempre) si impara. (Quanto ho sbagliato io e non so mica se ho imparato...). L'altro giorno mi ha detto della biblioteca della scuola che l'anno scorso è stata chiusa "perché si è annacquato il semiterraneo".
Però Lucia sta anche imparando tante cose che io (onestamente) non ho mai saputo, tipo cos'è l'anafora, che sarebbe quand'uno ripete la stessa parola o la stessa frase in diverse occasioni nella poesia. Come Francesca che nel V canto dell'Inferno apre tutte le terzine del suo racconto con la parola Amor. O Toto Cutugno che ne "L'italiano" iniziava tre volte a strofa con "Lasciatemi cantare" (ed anche tre volte a strofa con "Buongiorno Italia"). Ci sarebbe del materiale per una "Storia ragionata dell'anafora da Dante a Cutugno", ma non sono un esperto dato che conosco l'anafora da tre giorni. Non so precisamente cosa studiassimo all'epoca al classico. Ricordo soltanto la noia. E quando mi dicono "Si vede che hai fatto il classico" mi chiedo a volte se è per via della mia espressione sbadigliosa.

Pesca matematica

Siccome oggi siamo tutti multidisciplinari, nel libro di matematica le operazioni si disegnano pure, e mi sta bene. Ma bisognerebbe conoscere Francesco e il suo gusto per la precisione e le cose fatte bene. Oggi doveva addizionare 10 e 8, e c'era una storia di un bambino che pescava 8 trote ed un altro 10 salmoni (voglio dire, mica sardine e alborelle...).  E, prima di fare l'operazione, il tutto andava disegnato: 18 pesci in un rettangolino che sarà stato 8x3... (in ogni pagina ci vanno tre operazioni). Francesco è partito con una specie di grosso tonno, poi si è reso conto che prendeva un quarto dello spazio, l'ha cancellato, ne ha fatti due più piccoli, ma insomma si è demoralizzato molto presto e ha disegnato ogni pesce in media tre o quattro volte, prima di approvarlo. E c'è voluto un bel po' a trovare un compromesso per farceli stare tutti nello spazio.
Per distinguere le trote dai salmoni, abbiamo deciso che le prime sono grige e gli altri sono rosa. Non è proprio così, ma sono licenze che uno si prende. Nell'interesse della matematica ovviamente.

sabato 3 marzo 2012

Presentazione ai piccioni

Francesco mi aveva già indicato tre piccioni sul tetto di un palazzo di fronte alla Provincia, mentre andavamo in stazione a vedere i treni (perché in una giornata di sole come oggi, non c'è posto migliore dove andare, a nostro modesto parere). Poi, sul marciapiede stranamente sgombro e deserto di viale della stazione c'erano un po' di piccioni che più o meno socializzavano e banchettavano. Francesco, tutto contento che non scappassero ed un po' emozionato, avvicinandosi ai piccioni con la mano tesa, gli dice: "Io sono...io, piccione!" che non era una grande presentazione, ma sono sicuro a loro sarà piaciuta. Mi viene in mente che dev'essere il nome, anche quell'altro Francesco, quello che sta in stazione ed ha intorno la vasca con lo zampillo, parlava agli uccelli. E per prima cosa anche lui si presentava.