venerdì 28 settembre 2012

Gallette e fagioli

Quando vedo il Topolino recente dei cartoni animati, magari perché lo sta guardando Francesco, dà l'idea di uno che abbia soluzione per tutti i problemi in modo tranquillo e razionale, tutto il contrario di Paperino e della maggior parte di noi (oltre che della maggior parte degli animali Disney che lo circondano).
Però...anche Topolino, quando ci fu la crisi, voglio dire quella vera, quella del '29, è stato povero ed anche disoccupato, sicché, su suggerimento di Orazio (personaggio poi soppiantato da Pippo, anche se marginalmente ancora esistente nella galassia Disney), aveva trovato un posto come muratore per costruire l'inevitabile grattacielo.
Non ricordo molto della storia in sé (dovrò andarla a cercare prima o poi), ma ricordo che avevo l'età di Francesco e l'ho letta in italiano. Il dettaglio della lingua è importante, perché Orazio precisò che gli offrivano anche i pasti, insomma il "lunch". E in cosa consistevano? In "gallette e fagioli". Al che Topolino aveva reagito con entusiasmo, anzi lo si vedeva qualche vignetta dopo mangiare tutto contento.
Qui io avevo difficoltà a capire: avevo strane visioni di Oro Saiwa immersi nella pentola dei fagioli con tanto di brodo. E, per quanto, facendo il parallelo con le auto, gli Oro Saiwa americani dovessero essere assai più grandi, non capivo né cosa ci fosse da esultare (ma magari era questione di gusti...) ma specialmente come si potesse praticamente mangiare una roba così. Era proprio un eroe, Topolino.
Questa cosa delle "gallette e fagioli" ha dormito da qualche parte del mio cervello per decenni, finché non ho capito che, banalmente, "gallette e fagioli" è la traduzione, rispettosa delle dimensioni del filatterio, di "beans on toast" (cosa che giustificava perfettamente l'entusiasmo di Topolino: con Lucia andiamo apposta a prendere i baked beans negli unici supermercati che li hanno ad un prezzo normale qui in Italia). 
E ho capito anche il dramma del traduttore: il nostro toast non è il toast inglese, pane tostato è troppo lungo, bruschetta dà un'idea molto più poetica ed imprecisa. Ma dire galletta mi aveva mandato proprio fuori strada. Avevo sei o sette anni.

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